“Si conobbero.
Italo Calvino
Lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s’era mai saputo.
E lei conobbe lui e se stessa, perché pur essendosi saputa sempre, mai s’era potuta riconoscere così.”
Ma di fatto, che vuol dire?
Il romanzo di Calvino racconta la storia di un giovane barone, Cosimo Piovasco di Rondò, che, in profondo conflitto con al sua famiglia, lascia tutto e si nasconde sopra un albero. Se della vita che si è conquistato apprezza tutto, non dimentica il suo primo grande amore, Viola. Un giorno Viola sale sull’albero e Cosimo e Viola si parlano per la prima volta.
E se non conosci il Barone Rampante, ecco tutta la storia in 4 minuti.
Italo Calvino scrive il Barone Rampante nel 1957, Aveva 34 anni. La storia del Barone venne suggerita a Calvino dall’artista Salvatore Scarpitta, precursore della performance art della quale oggi Marina Abramović è una delle massime esponenti.
Se la Abramović fu in grado di rimanere 736 ore seduta su una sedia nel 2010 al Moma di New York, Scarpitta in un certo modo l’ha superata e soprattutto l’ha preceduta.
Infatti nel suo The Artist is Present, la Abramović è rimasta seduta al Moma 6 giorni su 7, per un totale di 7 ore al giorno per circa 3 mesi continuativi, dal 14 Marzo 2010 al 31 Maggio 2010. L’artista aveva, nel 2010, 64 anni.
Ma è veramente questa la più lunga performance della storia?
Nel 1930 per alcuni o 1931 per altri, quando Scarpitta aveva 11/12 anni, ovvero circa 80 anni prima della performance della Abramović al Moma, per sfuggire alle richieste di suo padre di dipingere una cancellata si arrampicò su un albero. La famiglia non se ne curò, convinta che fame, sete o impellenti necessità fisiologiche avrebbero prima o poi fatto scendere a terra il ragazzo,
Scarpitta all’epoca viveva in California, a Hollwood e il vicino di casa, vedendolo sull’albero, gli chiese perché aveva scelto di arrampicarsi e perché non scendeva dato che ormai era salito da un bel pezzo.
“Voglio battere il primato di permanenza sugli alberi!“
Fu la risposta di Scarpitta. La raccolse il vicino, che era niente di meno che un giornalista che se ne andè di corsa in redazione per scrivere scrisse un pezzo sulla impresa del ragazzino: Sal the Sitter (Salvatore quello seduto). Il record attuale era detenuto da una persona che era rimasta appollaita su un albero appena 156 ore. La notizia fa il giro di tutta la California.
In poco tempo la notorietà e la volontà di terminare quello che aveva iniziato per un gioco fanno il miracolo: Scarpitta ci riesce.
Nessuno all’epoca di Scarpitta ha pensato al valore artistico di quello che il ragazzo stava facendo. Per molti fu in grado si battere un record, totalizzando 602 ore e 40 minuti di permanenza continuativa su un albero. I detentori del record precedente, i fratelli Hunter, detentori del primato mondiale di permanenza in volo, salirono sull’albero dove si trovava con Scarpitta per complimentarsi e qualcuno scattè una foto.
Scarpitta riceve 1500 dollari, una somma che cambia la sua vita e anche quella della sua famiglia.
Il potere di acquisto di 100 dollari nel 1930 corrispondeva circa a 1437 e qualche centesimo nel 2016. A voi il calcolo di come Scarpitta è riuscito a cambiare la sua vita e quella della sua famiglia.
Nascondersi su un albero per scappare alle ire del proprio padre e poi inventarsi su 2 piedi una storia per dare nobiltà al gesto di un bambino denota fantasia, arguzia, ingegno. Il saper trascorrere tempo in solitudine denota determinazione e perseveranza, pazienza e autoconsapevolezza.
Per certi versi, Scarpitta sull’albero mi ricorda tanto la corsa la corsa i solitaria di Forrest Gump.
E c’è dell’altro: il fatto che lo stesso Scarpitta decidesse in età adulta di intraprendere un percorso di artista ricco di innovazione, venne chiamato artista del movimento, avrebbe potuto essere un piccolo indizio che la marachella di un bambino sarebbe divenuta la prima performance di un artista icona del suo tempo.
Le parole di Scarpitta hanno covato nella memoria di Calvino per 7 anni. Poi un giorno Calvino scrisse il suo barone.
E se ti piace la foto che abbiamo scelto come intestazione di questo post, ecco l’edizione da dove l’abbiamo tratta
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