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Io Sono Tempesta, Numa Tempesta, imprenditore, condannato ad 1 anno di lavori socialmente utili per evasione fiscale. Stronzate, cose che in Italia non contano, fanno curriculum.
Devo confessare che all’inizio è stato difficile abituarsi alle regole della cooperativa presso la quale sono stato assegnato. Ma ti rendi, nemmeno la libertà di poter fare un paio di telefonate al cellulare. per farle le ho scroccate ad un senzatetto con un figlio a carico e che ci volete, sono di buon cuore. alla fine abbiamo fatto amicizia e a lui e ai suoi amici ho iniziato le basi della finanza e sai che ti dico… ho iniziato a dormire meglio.
Mi negano il passaporto. Mi viene una idea: trasformo un triste evento in ua bella opportunità. Chiedo di poter riportare la salma del senzatetto morto a Roma a casa sua, che è proprio dove desidero andare. Non ci vado solo. Mi porto i miei nuovi amici e a tutti faccio il passaporto. Purtroppo la responsabile della cooperativa non ha una mente elastica e mi denuncia e mi sbattono in prigione, quella vera.
Non tutto il male viene per nuocere. Ho una soffiata e dopo una vita posso rivedere mio padre, anche lui nella stessa prigione, ma in un braccio diverso. Lo invito a cena, gli faccio le alicette come piacciono a lui e lui finalmente mi dice che mi vuole bene.
Recensione
Io sono Tempesta vuole essere tante cose, forse troppe e non ne raggiunge nessuna. Vuole essere commedia all’italiana, ma nella commedia all’italiana i protagonisti non erano anche un po’ bastardi, Numa è un bastardo buono. Un vero bastardo avrebbe pagato un senzatetto per poter svolgere i suoi incarichi presso la cooperativa, come pagare un altro per pulire i cessi al suo posto, oppure ancora peggio quando i senzatetto gli fanno presente che i cessi sono sporchi, lì allora Numa doveva tirare fuori la mazzetta di banconote e pagare per avere persone che svolgessero il lavoro al suo posto e magari prenderli in giro mentre ramazzavano (tipo l’ombrello ne I Vitelloni “Lavoratoriiii” oppure alla “Io so io…” de Il Marchese del Grillo entambe battute di Sordi).
Vuole essere denuncia sociale, ma la responsabile della cooperativa accetta che Numa corrompa un politico per una buona legge, ma ritrova improvvisamente la sua virginale onestà quando vede Numa e i suoi senzatetto ripuliti sul telegiornale della tv kazaka. Avrebbe potuto ricattarle Numa obbligarlo a farsi sposare oppure a finanziare un suo progetto o obbligarlo a assumere i suoi senzatetto nei suoi alberghi. Vederla nascosta fra le monache, lamentandosi per l’ennesima mancanza di empatia, stanca.
E ancora, dove è la mamma del bambino? Quale mamma permette che il figlio dorma per strada e non a casa con lei? E quale responsabile della cooperativa permetterebbe ad un minore di dormire per strada? Anni fa un bambino inventò la parola petaloso. Oggi ne lancio una: colabrodoso. Alla madre la sceneggiatura avrebbe potto riservare mille cose.
Attualissime le escort universitarie, sulle quali riecheggiano i fattacci di una recente cronaca a luci rosse romana. Anche qui, ma perché uiversitarie? Liceali sarebbe stato troppo bastardo?
Avrebbe potuto essere la versione del XXI di Brutti Sporchi e Cattivi, purtroppo le buone idee ci sono ma il piede non affonda sull’acceleratore, come avrebbe fatto per esempio e senza pietà alcuna Scola.
Lo rivedrò ancora tantissime volte, come rivedrò Arriva la Bufera, sperando di cambiare idea.
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