Nel Nome Di Allah di Roberto Patruno

Nel Nome Di Allah di Roberto Patruno

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Nel nome di Allah – il mio Marcello

Nel nome di Allah parla di Marcello, un medico di successo che vive e lavora a Roma.

Ha conseguito il master e la specializzazione in cardiochirurgia a Glasgow e lì ha vissuto e lavorato per quattro anni, ospite del nonno materno, generale in pensione dell’esercito britannico, robusto bevitore e impenitente donnaiolo malgrado l’età.

Da lui gli vengono l’amore per l’equitazione, per il buon whisky di malto e per le donne. È sulla cinquantina, non è sposato, conduce una vita da intellettuale irrequieto -come l’ha definita Francesca, la donna che frequenta con alti e bassi da qualche anno, fuma il sigaro e, più di ogni altra cosa, ama la sua libertà e la sua professione.

Fa il medico per passione e questo lo porta spesso a partire, a lasciare Roma e l’ospedale dove lavora, per prestare la propria opera nei campi profughi del Medioriente come volontario.

Asiya è una giovane siriana, figlia di un noto chirurgo di fede sunnita che ha perso la vita nelle epurazioni seguite alle manifestazioni di Hama contro il regime di Hafiz al- Assad. Subito dopo la morte del padre la sua famiglia si è trasferita in Inghilterra dove Asiya ha condotto i suoi studi fino alla laurea in medicina. Dopo la specializzazione in chirurgia è tornata in Siria, a Damasco, spinta dal desiderio di continuare il lavoro di suo padre e aiutare il suo popolo.

Marcello e Asija sono i protagonisti di questa storia che si svolge a Yarmouk, un popoloso sobborgo alla periferia della capitale siriana che accoglie una comunità di rifugiati palestinesi, profughi dalla Cisgiordania e dalla Striscia di Gaza. Lì arriva Marcello per prestare la sua opera in un piccolo ospedale da campo messo in piedi dalla Mezzaluna Rossa.

Nel nome di Allah – la mia Asiya

Ciò che si presenta ai suoi occhi è devastante.

Lì si confronta con una realtà di inconcepibile miseria umana, con gli abitanti ridotti al limite della sopravvivenza da una sanguinosa guerra civile che infuria scandita dall’acclamazione “Allahu Akbar” ripetuta come una litania di morte dalle bande fondamentaliste del Califfato e dallo sventolare delle loro bandiere nere. Yarmouk, non più una città. Non un reale campo per rifugiati.

Non più un vero quartiere, né un villaggio. Semplicemente, un cumulo di macerie e di palazzine sventrate, un non luogo dove, ancora una volta, si consuma lo sterminio della
popolazione inerme, un genocidio, un nuovo olocausto, all’ombra di un vessillo, di una professione di fede.

“In hoc signo vinces”,

“Gott mit uns”,

“Allahu Akbar”,

“Dio è con noi”,

Acclamazioni ripetute in epoche diverse, lontane fra loro, ma tutte accomunate dalla medesima ipocrita intenzione di giustificare la follia di uomini che non avevano e non hanno più nulla di umano.

E accade di nuovo, in un angolo del mondo su cui i riflettori si sono spenti ormai da tempo, e in cui i pochi abitanti rimasti muoiono ogni giorno per la fame, per i bombardamenti, per i cecchini e per le malattie, nell’indifferenza del mondo. Marcello riflette su tutto questo mentre, insieme al suo vecchio collega musulmano,

Kamal, alla giovane Asija, a uno strampalato collega maltese e a pochi altri operatori,si prenderà cura degli abitanti di Yarmouk, fra mille difficoltà e mettendosi a rischio ogni giorno pur di “rubare delle vite alla morte”.

Yarmouk
Recensione

“Nel nome di Allah” non è comunque la storia di Yarmouk. Non è neanche la cronaca di un genocidio, tanto meno un saggio sulla guerra siriana, né sulla follia di uomini che si combattono nel nome di Allah, o di un’altra fede, qualunque essa sia.

Molto più semplicemente, è una storia che parla di amore. È la storia di Asija e Marcello. In apparenza, una storia comune, una come tante nel mondo.

A distinguerla dalla altre e a renderla eccezionale è il fatto che si tratti di una storia d’amore fra una musulmana e un europeo agnostico che nasce lì, proprio in quel campo profughi, nel piccolo ospedale da campo di Yarmouk, fra le macerie e il
dolore di una città in agonia.

L’incubo della guerra e il sogno di un amore travolgente si rincorrono tra le righe di un romanzo che si lascia leggere tutto d’un fiato, capace di appassionare e coinvolgere senza eccessivi orpelli stilistici né clamorosi colpi di scena.

Una storia del tutto verosimile, straordinariamente vicina ad una realtà che deve non solo far sognare, ma anche e soprattutto spingere alla riflessione, smuovendo le intorpidite coscienze di coloro che reggono i destini del mondo.

C’è un passo della prefazione al libro che mi piace riportare:

Non devi essere palestinese per indignarti di fronte alle ingiustizie subite da quella gente.

Non devi essere siriano perché quella guerra possa farti del male.

Non devi essere musulmano per avere fede in Allah.

Non devi essere cristiano per avere pietà e compassione.

Devi essere soltanto e ancora umano.

Ecco, in queste parole, e al di là della bellissima storia d’amore fra Asiya e Marcello, c’è tutto il senso di questo romanzo che è anche metafora di come la vita riesca sempre e comunque, anche nei luoghi più martoriati e dimenticati, a vincere sulle persecuzioni e la morte.

L’amore, il coraggio, la speranza e il senso di umanità possono fare miracoli.


Un gran bel libro questo “Nel nome di Allah”.

La prosa è veloce, pulita, essenziale.
La storia narrata indigna, commuove, fa riflettere.

“Nel nome di Allah” una storia di guerra e di amore.

Assolutamente da leggere.
Il libro è per tutti.

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Approfondimenti

Yarmouk – Yarmouk è un quartiere di 2,11 chilometri quadrati della città di Damasco, popolato da palestinesi.

E’ stato il simbolo più estremo della miseria causata dalla guerra in Siria: sui giornali di mezzo mondo si era cominciato a parlare di Yarmouk dopo che era stata diffusa una foto impressionante dall’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di rifugiati palestinesi, UNRWA.

Da quando lo Stato islamico (o ISIS) è entrato a Yarmouk, questa miseria si è trasformata in un incubo.

Moschea di Al-Aqsa – La moschea di Al-Aqsa è la seconda più antica al mondo, dopo la Kaaba de La Mecca.

Anche se la tradizione islamica fa risalire Al-Aqsa al tempo di Isacco e di suo figlio Giacobbe, la moschea fu costruita in quel luogo sotto il califfato Umayyade di Abd al -Malik e suo figlio al -Walid, completata poi nel 705 DC.

Negli ultimi secoli la struttura fu più volte distrutta da terremoti, ma fu sempre ristrutturata dal califfo del tempo.

E’ sacra ai mussulmani perché il suo nome richiama il viaggio miracoloso di Maometto narrato nel Corano. E’ stata trasformata in palazzo nell’epoca crociata e modificata di nuovo dopo la riconquista mussulmana.

Roberto Patruno

Roberto Patruno, nato a Corato, importante centro agricolo della Puglia, nel 1943, è cresciuto e ha studiato nella Taranto degli anni ’50 assorbendo i colori, i profumi e le contraddizioni di un Sud non ancora industrializzato.

Ha poi intrapreso la carriera di ufficiale della Marina Militare-Guardia Costiera conseguendo il grado di Ammiraglio nel 2001. Considerato uno dei massimi esperti in Europa nel campo della sicurezza della navigazione e della protezione dell’ambiente marino dagli inquinamenti, ha ricoperto dal 1993 al 2005 incarichi di rilievo presso la Commissione Europea e le Nazioni Unite.

Lasciato il servizio attivo nel 2006, ha insegnato diritto marittimo internazionale in Accademia Navale e presso le Università di Messina e Napoli II dal 2007 al 2010. Profondo conoscitore dell’area mediterranea, ha intrattenuto per oltre un decennio rapporti professionali con tutti i Paesi del Nord Africa e del Medioriente. Relatore in numerose conferenze internazionali in Europa, nei Paesi del Mediterraneo e nelle Americhe, ha pubblicato articoli riguardanti la sicurezza della navigazione e il trasporto marittimo in varie riviste specializzate.

Dedicatosi alla narrativa dal 2011, ha pubblicato:

  1. “L’amore malato” romanzo, Leonida Edizioni 2013;
  2. “Una settimana balorda” raccolta di racconti, Leonida Edizioni 2014 (finalista alla IX^
    edizione del Premio Internazionale di Letteratura “Gaetano Cingari”);
  3. “Quartetto d’archi” romanzo, Graus Edizioni 2015 (secondo alla X^ edizione del Premio
    Cingari);
  4. “Thanatos” romanzo, Lux-Co Editions 2020;
  5. “Nel nome di Allah” romanzo, Amazon Kindle Unlimited 2021.

Devolve i diritti d’autore a favore dei piccoli pazienti del Bedford Orthopaedic Hospital e del Saint Mary’s Hospital di Mthatha (Sud Africa) assistiti dal chirurgo ortopedico Giorgio Cusati

Vive e lavora a Roma.