Match Point vuol dire punto partita ed è il punto decisivo, quello che serve per aggiudicarsi la vittoria in una partita a tennis.
Il tennis è lo sport di elezione e di riscatto del protagonista, Jonathan Rhys Meyers, un ragazzo di origini modeste che riesce a diventare dirigente di una importante società grazie alle amicizie che riesce a stringere proprio giocando a tennis.
Sul campo, infatti, conosce il suo futuro cognato che lo presenterà alla sorella, che diventerà la sua futura moglie, al padre, suo futuro suocero e datore di lavoro e alla fidanzata, sua futura splendida amante, che l’immensa bellezza e un figlio comune in arrivo non riescono a salvare.
Amor vincit omnia? In questo caso no.
Recensione di Vitaromantica
Allen ci propone un lieto fine alternativo e decisamente moderno: il cattivo alla fine non paga, perché essere cattivo è il suo lavoro. Proprio come diceva Oliver Twist:
“Il crimine non paga a meno che sia il tuo lavoro!”
Il punto partita è da attribuirsi al cattivo, senza dubbio. L’avversario, la legge, perde. Il senso di colpa del cattivo per tutto quello che ha fatto dura una notte appena e la sensazione e che il cattivo non si senti in colpa per aver ingannato la moglie, ucciso la giovane amante incinta e la di lei vicina, ma si senti in colpa per essersi fatto beccare dalla polizia.
Il duplice omicidio viene “fortunatamente” attribuito ad un povero disgraziato di passaggio, grazie ad un anello che come la pallina da tennis all’inizio del film colpisce il nastro. La colonna sonora è meravigliosa (italianissima). Canta Enrico Caruso.
Da 1 a 10?
8
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